domenica 22 febbraio 2009

Europa e libertà religiosa

Anche per chi valuta imprescindibile la presenza delle religioni nella sfera pubblica non è possibile non tenere conto dell'impostazione che nel progetto di Costituzione Europea è stato
dato alla laicità delle istituzioni comunitarie ed alla non prevalenza di specifici valori religiosi.

Nel prembolo della Carta di Nizza (Carta europea dei diritti fondamentali; 7 dicembre 2000) che forma parte integrante della Costituzione Europea si dice:
I popoli europei nel creare tra loro un'unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni.
Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà; l'Unione si basa sui principi di democrazia e dello stato di diritto.
Essa pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Il preambolo della Costituzione inoltre richiama:

le eredità culturali, religiose e umanistiche dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia,
dell'uguaglianza, e dello Stato di diritto;

la volontà dell'Unione di avanzare sulla via della civiltà, (...) di restare un continente aperto alla cultura, al sapere e al progresso sociale;

la volontà di unità nella diversità.

Una volta trasferita in questa dimensione, ogni convinzione religiosa deve convivere in modo paritario con altre opinioni religiose e laiche.
Ogni pretesa di affermazione di superiorità della dimensione religiosa o di una specifica tradizione religiosa contrasterebbe innanzitutto uno dei principi fondamentali dell'Unione e degli Stati che la compongono che è quello dello "stato di diritto".


Il punto di vista dei credenti.

La firma, il 29 ottobre 2004, del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa segna in maniera indelebile il futuro di centinaia di milioni di europei.

Gran parte di essi, oltre che cittadini dell’Unione, sono fedeli appartenenti ad una delle molte confessioni religiose presenti sul territorio dell’Europa. Confessioni diverse per numero di aderenti, per tradizioni, radicamento e diffusione sul territorio, ma anche per condizione giuridica garantita dagli ordinamenti degli Stati membri.

La Carta fondamentale degli Europei, pur con le sue contraddizioni, ha provato a dare un segno del significato che l’elemento “religione” avrà nel suo futuro.

Il dibattito che ha preceduto la conclusione dei lavori della Convenzione è stato in gran parte monopolizzato dalla questione dell’opportunità o meno di inserire all’interno del Preambolo un richiamo alle “radici cristiane” d’Europa.
La scelta finale del riferimento “alle eredità culturali, religiose e umanistiche” se in parte ha deluso le aspettative di molti, non ha però abbassato il livello d’attenzione che la Costituzione per l’Europa presenta per i temi legati alla “dimensione religiosa” nella triplice dimensione: individuale, associata ed istituzionale.

E' sufficiente scorrerne il testo per individuarne i passaggi essenziali. Dalle classiche previsioni a tutela della libertà religiosa (art. II-70, Libertà di pensiero, di coscienza e di religione, ma anche l’art. III-121 relativamente ai riti religiosi) e contro ogni forma di discriminazione (art. II-81, Non discriminazione e artt. III-118 e III-124); ai significativi richiami al rispetto della diversità (art. II-82, Diversità culturale, religiosa e linguistica) e al diritto dei genitori a provvedere all'educazione e all'istruzione dei figli nel rispetto delle loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche (art. II-74, Diritto all'istruzione).

Ma è l’art. I-52 (Status delle chiese e delle organizzazioni non confessionali) che finisce col proporsi come norma di riferimento. Fa proprio il principio del rispetto di quanto stabilito dal diritto ecclesiastico dei singoli Stati membri relativamente alla condizione giuridica di chiese, associazioni o comunità religiose. E però allo stesso tempo assume un impegno, quello del dialogo aperto, trasparente e regolare con chiese e organizzazioni, che vuole caratterizzare dinamicamente le relazioni tra l'Unione europea e queste ultime.

E’ dunque ancora una volta la strada del dialogo e della collaborazione, già sperimentata in numerosi degli Stati dell’Unione, quella intrapresa da una Europa che senza rinunciare alla propria connotazione laica, riconosce l’importanza del “contributo specifico” che le confessioni religiose possono offrire. Un contributo che potrebbe essere decisivo in relazione alla necessità di ammortizzare possibili situazioni conflittuali determinate dall’aumento di disomogeneità religiosa determinato dai consistenti flussi migratori extraeuropei ed intraeuropei.

Attenzione particolare dovrà, dunque, essere posta all’assetto normativo previsto in ciascuno degli Stati membri, ma anche alle tematiche trasversali che vedono l’Unione quale soggetto attivo di politiche a tutela dei propri cittadini che interessano la dimensione religiosa: basti richiamare il già ricordato impegno a favore del superamento di ogni forma di discriminazione.

(tratto da: http://www.olir.it/areetematiche/83/index.php#Approfondire)

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