venerdì 27 marzo 2009

Lettera aperta a Franceschini

Gentilissimo Segretario,
Le scriviamo come semplici elettori Democratici.Abbiamo seguito con interesse la fondazione del PD e lo abbiamo votato, con senso di responsabilità e fiducia, anche se già erano visibili i problemi di cui parliamo in questa lettera.Apprezziamo l'attività svolta da molti esponenti Democratici (per esempio la Senatrice Finocchiaro, il Senatore Marino, la Deputata Rosy Bindi), e ci hanno positivamente colpito le prime mosse del Segretario Franceschini nella difficilissima situazione che gli è stata consegnata; tuttavia restano per noi valide tutte le critiche di ordine generale che non ci fanno più sentire questo partito come nostro. Se questo, come pare, sarà il sentimento di gran parte degli elettori del PD, il danno sarà irreparabile. Chiediamo pubblicamente al PD di riformarsi prima che sia tardi, di compiere scelte dolorose ma ormai indispensabili.Prima del Concilio Vaticano II accadeva che in qualche cattedrale si leggesse l’elenco delle coppie sposate in Municipio per definire gli sposi “pubblici concubini”, e che non fosse quasi mai chiaro dove finiva l’attività pastorale e iniziava la propaganda politica.Ci eravamo illusi che queste storie appartenessero al passato; invece, di nuovo, Cardinali e Vescovi istruiscono gli elettori sul voto, gli operatori sanitari su quali leggi rispettare, i direttori dei giornali su quali siano i commentatori affidabili, i deputati e i senatori su quali articoli inserire nelle leggi, il Primo Ministro sui requisiti di necessità e urgenza, il Presidente della Repubblica sull'interpretazione autentica della Costituzione. Per tacer dei bambini, che non devono leggere Harry Potter. E di nuovo la Chiesa cattolica aggredisce pubblicamente, con tutta la sua potenza, un concittadino indifeso, costretto ora a farsi accompagnare da una scorta; cos'ha fatto di male, Beppino Englaro? Ha ostinatamente rispettato le leggi, senza ricorrere ad astuzie e scorciatoie, ha chiesto che a sua figlia venisse riconosciuto un diritto sancito nella Costituzione: questo è il suo delitto.Ci saremmo aspettati, dal maggior partito dell’opposizione, una difesa netta e senza tentennamenti della democrazia e della libertà di tutti. Invece, fatti salvi i comportamenti individuali, vediamo che il Partito Democratico, sia sulla vicenda di Eluana Englaro sia nella discussione sul testamento Biologico, non riesce a esprimere una posizione unitaria.A ogni critica la piccola componente che paralizza il PD sui temi etici risponde invocando la libertà di coscienza - la loro, perché della nostra non si fa cenno e non si tiene conto.Notiamo che due punti, evidentemente assenti dalla cultura politica del PD, preannunciano ulteriori infiniti disastri. Non è lecito a un amministratore pubblico, o a chi è incaricato di erogare un servizio, abusare della sua posizione per privare i cittadini dei loro diritti: un cittadino costretto ad affrontare un potere arbitrario e assoluto che non rispetta né leggi né sentenze vive di fatto sotto una tirannia.Costretto ad applicare una legge che la sua coscienza rifiuta, un amministratore democratico si dimette, non usa impropriamente il potere di cui dispone per boicottarla. Questo non sembra essere chiaro ai molti che plaudono alle iniziative di Formigoni e Sacconi.Allo stesso modo un parlamentare non può invocare la libertà di coscienza per violare impunemente la coscienza, i diritti, il corpo stesso dei cittadini.La Costituzione del resto garantisce che i parlamentari siano esenti da vincoli di mandato, ma non impone la loro rielezione: i cittadini hanno il diritto di non votarli e di non farli votare, e devono disporre degli strumenti necessari.Questo partito voleva superare le identità della sinistra e del centro tradizionali, diventando il laboratorio politico e intellettuale del nuovo millennio; ma la fusione non è avvenuta, il piombo non si è trasformato in oro ed è se mai molto più pesante di prima. Tra le molte cause, ce n’è una dovuta a un equivoco: la laicità non è una obsoleta identità da superare, è invece la regola del gioco fondamentale e irrinunciabile, che garantisce imparzialità nei confronti di tutti, in modo che si ragioni sui problemi invece di imporre verità precostituite. Un partito non laico non è in grado di giungere a una sintesi, come infatti avviene ogni volta che il PD deve riconoscere diritti e libertà individuali: c’è chi, in nome di un progetto autoritario, ne nega l’esistenza, chi li combatte semplicemente per conquistare peso politico, e chi infine non li difende per opportunismo, per non interrompere il dialogo “con il centro”, rappresentato non dagli elettori, ma da quattro vecchie volpi della politica.Che le nostre libertà e i nostri diritti debbano essere limitati “per il nostro bene” era già stato sostenuto in altre occasioni, molto prima che si giungesse all’unificazione tra Margherita e DS: sui DICO, sulla Fecondazione Assistita, sulla stessa legge sul Testamento Biologico, che allora era avversata dal Vaticano e quindi osteggiata dal centrodestra come dai TeoDem. Il problema non era perciò ignoto, e nessuno può dire ora di esserne sorpreso.Se “superare le identità” significa rinnegare il passato, ne consegue automaticamente che nel PD c'è posto per tutti, comunque la pensino? Potrebbe farne parte anche un sostenitore dello schiavismo, visto che in fondo si tratta di un altro problema di disponibilità del corpo? Oppure, come ha chiesto Veronesi, si potrebbe aderire al progetto del PD e contemporaneamente voler imporre il battesimo obbligatorio agli ebrei? Perché se è possibile violare il corpo e prolungarne l'agonia, allora tutto è possibile e nulla è inconcepibile.E vediamo tutti, ai due estremi dello spettro culturale, quanto è diverso un politico come il Presidente Obama, che impegna tutta l’America nel sostegno alla ricerca e alla sua autonomia dichiarando: “non possiamo garantire che scopriremo i trattamenti e le cure che cerchiamo, ma possiamo promettere che li cercheremo”, da un dirigente del PD come Rutelli, che rivendica orgogliosamente la battaglia, condotta col centrodestra, contro la ricerca sulle staminali embrionali, convinto che il tempo gli abbia dato ragione, assegnando la vittoria alla ricerca sulle cellule adulte - come se si trattasse di scegliere tra due fondi d’investimento, o due trattorie, non due processi concorrenti e complementari.Certo, Obama può prendere posizioni coraggiose perché approfondisce i problemi prima di decidere, sa di cosa parla e sa spiegarlo ai cittadini senza paternalismo - e soprattutto non corre il rischio che, cinque minuti dopo che ha parlato, un esponente, anzi quindici, del suo stesso partito convochino una conferenza stampa per smentirlo.Concludiamo chiedendovi precise garanzie sulla qualità dei candidati e sulla chiarezza del progetto del PD già in occasione delle prossime Elezioni Europee, in modo da rassicurarci che il nostro voto non si ritorcerà contro la parte più onesta, civile e democratica dell'Europa; vogliamo votare un partito democratico e laico, non il cavallo di Troia di una componente integralista che ci tradirà ogni volta che saranno in gioco le nostre libertà, alleandosi con la destra reazionaria.Siamo sicuri che all’interno del PD saprete trovare personalità capaci di distinguere tra peccato e reato, e di attenersi a principi etici senza pretendere di imporli a chi non li condivide. Affidatevi a loro.

18 marzo 2009

Firmatari

Paolo Vineis - Imperial College LondraCarlo A. Perucci - Dipartimento di Epidemiologia ASL RM E RomaRoberto Satolli - Comitato Etico Istituto Tumori, MilanoLuca Carra - Tempo MedicoRodolfo Saracci - Epidemiologo, Lione & Pisa Marina Davoli - Dipartimento di Epidemiologia ASL RM E RomaPaola Catapano - CERN Communication group, LHC2008 taskforce, GenevaSalvatore Panico - Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università Federico II, NapoliValentina Gallo - Imperial College LondraFabio Macciardi - MD PhD Professore Associato di Genetica Medica Silvana Ottolenghi - TorinoLisa Vozza - Divulgatrice scientifica, MilanoPaolo Fresu - Musicista, BolognaUgo Sturlese - Membro Consiglio Superiore di Sanità, RomaLuca Savarino - Ricercatore in filosofia politica, Università del Piemonte Orientale Giovanni Levi - Professore di Storia moderna, Università di Venezia Laura Stradella - Psicoterapeuta , TorinoCarlo Ippolito - Regista e animatore, MilanoLivia Lusana - Relazioni esterne Torino Incontra , Camera di Commercio di TorinoEugenio Gruppi - Docente Storia e Filosofia, Liceo Classico M. D’Azeglio Cesare Santanera - Ingegnere, TorinoDamiana Massara - Psicologa, TorinoAlessandro Liberati - BolognaCristina Savio - Torino Marina Bozza - Bayer Diabetes Care, Milano Luigi Bisanti - Epidemiologo, Milano

giovedì 26 marzo 2009

Curzio Maltese: un rendiconto ...



Un miliardo di euro dai versamenti dell'otto per mille.
650 milioni per gli stipendi degli insegnanti di religione.
700 milioni per le convenzioni su scuola e sanità.
250 milioni per il finanziamento dei Grandi Eventi.

Una cifra enorme passa ogni anno dal bilancio dello Stato italiano, da quello delle Rgioni e di tutti gli enti locali alle casse (non sguarnite) della Chiesa cattolica.

A tutto questo bisogna aggiungere il cumulo di vantaggi fiscali concessi al Vaticano (oggi al centro di un'inchiesta dell'Unione europea):
il mancato incasso dell'lci, l'esenzione da Irap, Ires e altre imposte,
l'elusione consentita per le attività turistiche e commerciali.

Per un totale di circa 4 miliardi di euro,
più o meno mezza finanziaria, l'equivalente di un Ponte sullo Stretto o di un Mose all'anno.

Una somma (è la stessa Conferenza episcopale italiana a dichiararlo) che solo per un quinto viene destinata a interventi di carità e di assistenza sociale.

Complessivamente molto molto di più di quanto pesi agli italiani (per questo tutti indistintamente scandalizzati) la "casta politica" e, vale la pena sottolinearlo, con un sistema di finanziamenti molto più articolato, assai meno trasparente ed in continua crescita.

Nel finanziamento della Chiesa non c'è patto di stabilità al contrario "straripamento" della spesa "agganciato" al sempre crescente straripamento di potere della lobby di Oltretevere.

mercoledì 25 marzo 2009

Marco Politi: la lobby ecclesiastica al lavoro


"Il bilancio delle leggi non fatte o malfatte in seguito a pressioni ecclesiastiche è cospicuo: si è impedita l'introduzione del divorzio breve; si è varata una legge sulla fecondazione assistita che prevede l'impianto degli embrioni malati; si è bloccata una legge sulle coppie di fatto, demonizzando le unioni gay"; oggi si contrasta il diritto del malato a sospendere nutrizione e idratazione artificiali in caso di stato vegetativo persistente.

"Assistiamo a uno straripamento totale della Chiesa"

nota Emma Bonino nella prefazione, criticando la debolezza della classe politica, che deve fare i conti con un'istituzione ecclesiastica refrattaria alla modernità, all'idea che la dottrina cattolica non ispiri più la legislazione.


lunedì 23 marzo 2009

Piero Ostellino: lo Stato canaglia




"Viviamo, si dice, in un Paese libero.
Nulla di più falso: oggi in Italia tutto è vietato tranne ciò che è esplicitamente consentito.
Da Nord a Sud, i cittadini si trovano ostaggio di uno Stato (...) che governa la nostra esistenza senza averne un'effettiva delega, ma che è nel contempo abbastanza debole da trovarsi nelle mani di una oligarchia incolta e becera, seppure voracissima."

giovedì 19 marzo 2009

Augusto Barbera: sei volti della laicità (più uno)

Di laicità di un ordinamento si può parlare in vari sensi fra loro non sempre coincidenti.

I volti della laicità:

- autonomia dell’ordinamento giuridico dalla sfera etico-religiosa
laicità come autonomia del diritto;

- limite alla prevaricazione del potere ecclesiastico su quello civile, dalle forme teocratiche a quelle confessioniste alle stesse forme anomale di “ingerenza”
laicità come autonomia della politica;

- limite alla invadenza del potere civile su quello religioso , dalle varie forme di giurisdizionalismo
alle più recenti forme di “laicità ostile”
laicità come limite alla politica;

- riconoscimento e garanzia della libertà religiosa e del pluralismo religioso
laicità come pluralismo confessionale;

- indifferenza ed estraneità della sfera pubblica rispetto al fattore religioso, attraverso la quale laicità tende a proteggersi e a divenire essa stessa ideologia militante
laicità protetta;

- riconoscimento e garanzia della libertà individuale e del pluralismo di culture e tradizioni e
quindi rifiuto dello “Stato etico” e di ogni ideologia di stato
laicità come pluralismo politico.

Nel linguaggio comune si ritrova un altro significato che possiamo così definire:

- metodo sociale e politico democratico in grado di accomunare non credenti e credenti per realizzare le condizioni per la coesistenza fra valori e progetti di vita contrastanti; rifiuto di contrapposti fondamentalismi e di chiusure dogmatiche
laicità come metodo

Quest’ultima è una definizione che, a differenza delle precedenti, attiene ai comportamenti deisingoli, non caratterizza un ordinamento di per sé ma è assai rilevante perchè può condizionare in concreto la vita e sviluppo di questo.

Un ordinamento non può considerarsi liberaldemocratico se non garantisce l’autonomia del diritto dalla sfera religiosa, se non tiene separati il potere civile e quello religioso, se non garantisce la libertà religiosa, se non rifiuta verità e ideologie di stato.

Tali forme di laicità si realizzano , peraltro, progressivamente nella storia delle costituzioni
occidentali , dalle antiche conquiste dell’autonomia del diritto dalla sfera religiosa alla meno antica separazione fra i due poteri , civile ed ecclesiastico, al riconoscimento del pluralismo
e della libertà religiosa e solo nel corso del secolo scorso, dopo esperienze totalitarie in alcune parti d’Europa, alla piena affermazione della laicità come garanzia della stessa libertà individuale e del pluralismo di culture e tradizioni.

Se è vero che il principio di laicità presenta diversi volti ed è collegato ad altri principi che caratterizzano il costituzionalismo di impronta liberaldemocratica ne discende che a questi ultimi occorre risalire, muovendosi in una prospettiva sia storica che comparatistica. Se,infatti, si rimane chiusi nell’ambito delle definizioni aprioristiche, prescindendo dai processi storici che hanno portato agli attuali ordinamenti costituzionali, non si fanno significativi passi in avanti e non si riesce a cogliere “l’eteromorfismo” che caratterizza la laicità.

Studi sulla cultura giuridica laica


Nasce a Torino il Centro di Documentazione, Ricerca e Studi sulla Cultura Laica
"Piero Calamandrei" - Onlus

Alessandra Mariotti: giornalismo civico

lunedì 16 marzo 2009

Gustavo Zagrebelsky: Regime ?

Senza uguaglianza la democrazia è un regime.

Regime o non-regime? Un confronto su questo dilemma, pur così tanto determinante rispetto al dovere morale che tutti riguarda, ora come sempre, qui come ovunque, di prendere posizione circa la conduzione politica del paese di cui si è cittadini, non è neppure incominciato.
La ragione sta, probabilmente, in un’associazione di idee.
Se il "regime", inevitabilmente, è quello del ventennio fascista, allora la domanda se in Italia c’è un regime significa se c’è "il" o "un" fascismo; oppure, più in generale, se c'è qualcosa che gli assomigli in autoritarismo, arbitrio, provincialismo, demagogia, manipolazione del consenso, intolleranza, violenza, ecc.
Così, una questione seria, anzi cruciale, viene attratta sul terreno, che non si presta all’analisi, della demonizzazione politica, funzionale all’isteria e allo scontro.
Ma "regime" è un termine totalmente neutro, che significa semplicemente modo di reggere le società umane. Parliamo di "Ancien Régime", di regimi repubblicani e democratici, monarchici, parlamentari, presidenziali, liberali, totalitari e, tra gli altri, per l’appunto, di regime fascista.
Senza qualificazione, regime non ci dice nulla su cui ci sia da prendere posizione, perché l’essenziale sta nell’aggettivo.
Così, assumendo la parola nel suo significato proprio, isolato dalle reminiscenze, la domanda iniziale cambia di senso: da "esiste attualmente un regime" in "il regime attuale è qualcosa di nuovo, rispetto al precedente"?
Che l'Italia viva un’esperienza costituzionale, forse ancora in divenire e dall’esito non scontato, che mira a non lasciarsi confondere con quella che l’ha preceduta: almeno di questo non c’è da dubitare. Lo pensano, e talora lo dicono, tanto i favorevoli, quanto i contrari, cioè lo pensiamo e lo diciamo tutti, con definizioni ora passatiste ora futuriste.Non lo si dice ufficialmente e a cifra tonda, perché il momento è, o sembra, ancora quello dell’incubazione. La covata è a mezzo. L’esito non è scritto. La Costituzione del ‘48 non è abolita e, perciò, accredita l’impressione di una certa continuità. Ma è sottoposta a erosioni e svuotamenti di cui nessuno, per ora, può conoscere l’esito.
Forze potenti sono all’opera per il suo superamento, ma altre forze possono mobilitarsi per la sua difesa. La Costituzione è in bilico.
Che cosa significa "costituzione in bilico"?Innanzitutto, che non si vive in una legittimità costituzionale generalmente accettata, cioè in una sola concezione della giusta costituzione, ma in (almeno) due che si confrontano. Ogni forma di reggimento politico si basa su un principio essenziale, una molla etica, il ressort di cui parla Montesquieu, trattando delle forme di governo nell’Esprit des lois. Quando questo principio essenziale è in consonanza con l’esprit général di un popolo, allora possiamo dire che la costituzione è legittima e, perciò, solida e accettata. Quando è dissonante, la costituzione è destinata crollare, a essere detronizzata. Se invece lo spirito pubblico è diviso, e dunque non esiste un esprit che possa dirsi général, questo è il momento dell’incertezza costituzionale, il momento della costituzione in bilico e della bilancia che prima o poi dovrà pendere da una parte.
È il momento del conflitto latente, che non viene dichiarato perché i fautori della rottura costituzionale come quelli della continuità non si sentono abbastanza sicuri di sé e preferiscono allontanare il chiarimento.I primi aspettano il tempo più favorevole; i secondi attendono che passi sempre ancora un giorno di più, ingannando se stessi, non volendo vedere ciò che temono.Tutti attendono, ma i primi per prudenza, i secondi per ignavia.
Non voler vedere, significa scambiare per accidentali deviazioni quelli che sono segni di un mutamento di rotta; significa sbagliare, prendendo per lucciole, cioè per piccole alterazioni che saranno presto dimenticate come momentanee illegalità, quelle che sono invece lanterne, cioè segni premonitori e preparazioni di una diversa legittimità. Così, si resta inerti. L’accumulo progressivo di materiali di costruzione del nuovo regime procede senza ostacoli e, prima o poi, farà massa. Allora, non sarà più possibile non voler vedere, ma sarà troppo tardi.
Ciò che davvero qualifica e distingue i regimi politici nella loro natura più profonda e che segna il passaggio dall’uno all’altro, è l’atteggiamento di fronte all’uguaglianza, il valore politico, tra tutti, il più importante e, tra tutti però, oggi il più negletto, perfino talora deriso, a destra e a sinistra. Perché il più importante? Perché dall’uguaglianza dipendono tutti gli altri. Anzi, dipende il rovesciamento nel loro contrario.
Senza uguaglianza, la libertà vale come garanzia di prepotenza dei forti, cioè come oppressione dei deboli.
Senza uguaglianza, la società, dividendosi in strati, diventa gerarchia.Senza uguaglianza, i diritti cambiano natura: per coloro che stanno in alto, diventano privilegi e, per quelli che stanno in basso, concessioni o carità.
Senza uguaglianza, ciò che è giustizia per i primi è ingiustizia per i secondi.Senza uguaglianza, la solidarietà si trasforma in invidia sociale.
Senza uguaglianza, le istituzioni, da luoghi di protezione e integrazione, diventano strumenti di oppressione e divisione.Senza uguaglianza, il merito viene sostituito dal patronaggio; le capacità dal conformismo e dalla sottomissione; la dignità dalla prostituzione.
Nell’essenziale: senza uguaglianza, la democrazia è oligarchia, un regime castale.
Quando le oligarchie soppiantano la democrazia, le forme di quest’ultima (il voto, i partiti, l’informazione, la discussione, ecc.) possono anche non scomparire, ma si trasformano, anzi si rovesciano: i diritti di partecipazione politica diventano armi nelle mani di gruppi potere, per regolare conti della cui natura, da fuori, nemmeno si è consapevoli.
Questi rovesciamenti avvengono spesso sotto la copertura di parole invariate (libertà, società, diritti, ecc.).
Possiamo constatare allora la verità di questa legge generale: nel mondo della politica, le parole sono esposte a rovesciamenti di significato a seconda che siano pronunciate da sopra o da sotto della scala sociale. Ciò vale a iniziare dalla parola "politica": forza sopraffattrice dal punto di vista dei forti, come nel binomio amico-nemico; oppure, dal punto di vista dei deboli, esperienza di convivenza, come suggerisce l’etimo di politéia. Un uso ambiguo, dunque, che giustifica la domanda a chi parla di politica: da che parte stai, degli inermi o dei potenti?
La ricomposizione dei significati e quindi l’integrità della comunicazione politica sono possibili solo nella comune tensione all’uguaglianza.
Ritorniamo alla questione iniziale, se sia in corso, o se si sia già realizzato, un cambiamento di regime, dal punto di vista decisivo dell’uguaglianza.
In ogni organizzazione di grandi numeri si insinua un potere oligarchico, cioè il contrario dell’uguaglianza. Anzi, più i numeri sono grandi, più questa è una legge "ferrea".
E’la constatazione di un paradosso, o di una contraddizione della democrazia. Ma è molto diverso se l’uguaglianza è accantonata, tra i ferri vecchi della politica o le pie illusioni, oppure se è (ancora) valore dell’azione politica. La costituzione - questa costituzione che assume l’uguaglianza come suo principio essenziale - è in bilico proprio su questo punto.
Noi non possiamo non vedere che la società è ormai divisa in strati e che questi strati non sono comunicanti.
Più in basso di tutti stanno gli invisibili, i senza diritti che noi, con la nostra legge, definiamo "clandestini", quelli per i quali, obbligati a tutto subire, non c’è legge; al vertice, i privilegiati, uniti in famiglie di sangue e d’interesse, per i quali, anche, non c’è legge, ma nel senso opposto, perché è tutto permesso e, se la legge è d’ostacolo, la si cambia, la si piega o non la si applica affatto.
In mezzo, una società stratificata e sclerotizzata, tipo Ancien Régime, dove la mobilità è sempre più scarsa e la condizione sociale di nascita sempre più determina il destino.
Se si accetta tutto ciò, il resto viene per conseguenza. Viene per conseguenza che la coercizione dello Stato sia inegualmente distribuita: maggiore quanto più si scende nella scala sociale, minore quanto più si sale; che il diritto penale, di fatto, sia un diritto classista e che, per i potenti, il processo penale non esista più; che nel campo dei diritti sociali la garanzia pubblica sia progressivamente sostituita dall’intervento privato, dove chi più ha, più può.
Né sorprende che quello che la costituzione considera il primo diritto di cittadinanza, il lavoro, si riduca a una merce di cui fare mercato.
Analogamente, anche l’organizzazione del potere si sposta e si chiude in alto.
L’oligarchia partitica non è che un riflesso della struttura sociale.
La vigente legge elettorale, che attribuisce interamente ai loro organi dirigenti la scelta dei rappresentanti, escluso il voto di preferenza, non è che una conseguenza. Così come è una conseguenza l’allergia nei confronti dei pesi e contrappesi costituzionali e della separazione dei poteri, e nei confronti della complessità e della lunghezza delle procedure democratiche, parlamentari. Decidere bisogna, e dall’alto; il consenso, semmai, salirà poi dal basso.
E’una conseguenza, infine, non la causa, la concentrazione di potere non solo politico ma anche economico-finanziario e cultural-mediatico. L’indipendenza relativa delle cosiddette tre funzioni sociali, da millenni considerata garanzia di equilibrio, buon governo delle società, è minacciata.
Ma il tema delle incompatibilità, cioè del conflitto di interessi, a destra come a sinistra, è stato accantonato. La causa è sempre e solo una: l’appannamento, per non dire di più, dell’uguaglianza e la rete di gerarchie che ne deriva.
Qui si gioca la partita decisiva del "regime".
Tutto il resto è conseguenza e pensare di rimettere le cose a posto, nelle tante ingiustizie e nelle tante forzature istituzionali senza affrontare la causa, significa girare a vuoto, anzi farsene complici.
Nessun regime politico si riduce a un uomo solo, nemmeno i "dispotismi asiatici", dove tutto sembrava dipendere dall’arbitrio di uno solo, khan, califfo, satrapo, sultano, o imperatore cinese.
Sempre si tratta di potere organizzato in sistemi di relazioni. Alessandro Magno, il più "orientale" dei signori dell’Occidente, perse il suo impero perché (dice Plutarco), mentre trattava i Greci come un capo, cioè come fossero parenti e amici, «si comportava con i barbari come con animali o piante», cioè meri oggetti di dominio, «così riempiendo il suo regno di esìli, destinati a produrre guerre e sedizioni».
Sarà pur vero che comportamenti di quest’ultimo genere non mancano, ma non vedere il sistema su cui si innestano e li producono significa trascurarne le cause per restare alla superficie, spesso solo al folklore.

(GUSTAVO ZAGREBELSKY -La Repubblica — 26 novembre 2008)

martedì 10 marzo 2009

La realtà socio-culturale del Paese in relazione alla laicità.

Osservatorio sulla secolarizzazione dell'Italia.

Il progetto si propone di raccogliere ed analizzare dati relativi ai diversi profili della realtà socio-culturale del Paese in relazione alla laicità ed allo stato di attuazione e di fruizione di diritti relativi. Con la realizzazione di un Osservatorio sulla secolarizzazione dell'Italia, per la CGIL si tratterà,quindi, di effettuare attività di formazione, ricerca, elaborazione. A tal fine sarà dedicata particolare attenzione alla pubblicazione delle proprie elaborazioni ed alla produzione di materiali formativi ed informativi. La CGIL Nazionale, in collaborazione con la Fondazione Critica Liberale, con questo progetto, si da' come obiettivo, di curare, in particolar modo, la documentazione,l'informazione e l'aggiornamento formativo delle strutture, dei dirigenti e dei cittadini. Il settore Nuovi Diritti della CGIL si occupa da oltre dieci anni (sotto varie denominazioni) di promuovere la "...piena eguaglianza di diritti e di doveri nel pieno rispetto dell'appartenenza a gruppi etnici, nazionalità, lingua, fedi religiose, di orientamento sessuale, di identità di genere,culture e formazioni politiche, diversità professionali, sociali e di interessi..." (ART.1 dello Statuto della CGIL), in una prospettiva di sostegno della laicità dello Stato. Nell'ambito di questa attività promuove la conoscenza della realtà sociale da cui dipendono situazioni di discriminazioni, raccoglie e diffonde informazione ad esse relative, organizza incontri e dibattiti, svolge attività di supporto alle persone coinvolte, attivando le competenti realtà sindacali, istituzionali e associative. Il contesto socio-politico nazionale e' attraversato da spinte contrastanti in cui notevole importanza assumono scelte di valore spesso caratterizzate da un'impostazione religiosa alla ricerca di un riconoscimento istituzionale, cui si oppone una realtà sociale multiculturale, che può sviluppare le sue dinamiche solo in una prospettiva laica, in grado di accogliere delle diverse individualità. Visione basata su un opzione religiosa passata come fondamento culturale della nostra società e di consegnare al rapporto numerico di forza l'esistenza o la cancellazione di diritti il cui esercizio non è condiviso dalla sua morale.
La realizzazione di condizioni di vita e di lavoro che rispettino la libertà di ciascuno nelle proprie scelte e la libertà ed il dovere della società di darsi un assetto aperto ed integrato dipendono dalla forza con cui essa sarà in grado di affermare i valori di eguaglianza e di autodeterminazione della persona. Il progetto si propone di approfondire tutte le tematiche delineate, analizzando ed elaborando i dati relativi, pubblicati da varie fonti, relativi a determinati parametri di laicità.

Rapporto sulla secolarizzazione 2008

lunedì 9 marzo 2009

Non si vive nella paura

“La libertà non sembra più essere il diritto degli individui di decidere il proprio modo di vivere bensì il diritto di uno Stato di limitare le libertà individuali in nome di una sicurezza che lo stesso Stato in modo illiberale ed autoritario ritiene di poter definire.
E’ l’inizio di un nuovo oppressivo autoritarismo”
(R. Darendorf)


L’art. 6 del DECRETO LEGGE 20 febbraio 2009
(Piano straordinario di controllo del territorio).

Non mostra compatibilità

-> con i trattati internazionali sottoscritti dal nostro Paese quali la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo; il Patto internazionale per la salvaguardia dei diritti civili e politici; la Convenzione europea dei diritti dell’uomo; la Carta europea dei diritti;
(I quali, si ricorda, vincolano il nostro paese al rispetto degli stessi in base all’art. 10 della Costituzione ed in base a specifici atti di recepimento);

-> con i principi costituzionali (vigenti)
contenuti negli articoli 139, 10, 2, 3 , 13, 16, 70, 76, 77, 138.


Si avvia con questo tipo di provvedimenti un progressivo processo di depowerment del cittadino con il suo specifico statuto di diritti e libertà, fino ad oggi costituzionalmente garantito.
Si assiste nell’arco di pochi giorni ad un’ulteriore “rottura” dell’ordinamento costituzionale
democratico del nostro Paese.
Si pone in atto a tappe forzate il mutamento della forma di stato.
In una macroscopica ed insipiente contraddizione si riduce nei fatti il nostro Paese in un anacronistico ed antistorico isolamento strutturale nel quadro delle democrazie occidentali
ed atlantiche nelle quali si pretenderebbe di continuare a collocarlo.


La risposta di Veronalaica è questa:

Cittadinanza attiva -> Partecipazione civica -> Responsabilità


Responsabilità civica e sicurezza
una risposta democratica alle “ronde”

“C’è soltanto bisogno di attenzione civile che animi ciascuno nel proprio operare quotidiano”

“Occorre recuperare il senso della responsabilità individuale e dei doveri civici, per contrastare con coraggio l’inciviltà e l’illegalità, che vogliono tenerci lontano dalle strade dalle piazze e dai parchi delle nostre città e riappropriarci invece dei nostri sacrosanti spazi fisici e relazionali”


Cittadini per “il controllo sociale del territorio”;
auto-formazione civica ai doveri di cittadinanza attiva.

Potranno essere solo i cittadini consapevoli a sensibilizzarsi sul concetto di educazione e responsabilità civica, quindi sulla “presenza” e controllo (civico) del territorio.

Nessuna funzione di monitaroggio del territorio e tantomeno di polizia o pronto intervento dovrebbe essere legittimamente attribuito a gruppi di ausiliari, vigilantes o ronde.

Ciò che si rende necessario è semplicemente lo sviluppo di iniziative educative e di sensibilizzazione civica e la possibilità concreta di segnalazione all’Amministrazione locale di situazioni che richiedano specifica attenzione pubblica.
Sarà L’Amministrazione che, stabiliti previamente in convenzione con gli altri soggetti pubblici interessati ed istituzionalmente competenti dei protocolli di segnalazione, attraverso un proprio dipartimento e degli operatori istituzionali addestrati allo scopo, selezionerà le informazioni ricevute e smisterà le segnalazioni agli organi preposti in via diretta all’intervento.

sabato 7 marzo 2009

8 MARZO: diritti, libertà, opportunità per ogni donna


Dichiarazione Universale dei Diritti dell' Uomo


.. e della Donna


Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti …

Articolo 2
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza alcuna distinzione di sesso …

Articolo 21
.. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese…

Articolo 23
.. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro…

Articolo 25 ..
.. La maternità e l'infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza …


per una ricostruzione storica dei movimenti femminili in Italia


giovedì 5 marzo 2009

Veronalaica: la nostra democrazia



La democrazia è relativistica, non assolutistica
La democrazia non ha fedi o valori assoluti da difendere ad eccezione di quelli su cui si basa.
Democrazia e verità assolute, dogmi sono incompatibili; questi valgono nelle società autocratiche
non in quelle democratiche.

La democrazia è fondata sugli individui non sulla massa
La massificazione è poco compatibile con la democrazia.
Una democrazia senza coscienza e qualità individuale, senza originalità dell’individuo
cede rapidamente il passo al populismo, alla passività ed alla omologazione.

La democrazia è dialogo
Nella democrazia non ci possono essere portatori di verità assolute.
Ci sono fatti e vissuti con la loro evidente e storica verità.
La mistificazione del discorso pubblico è il principale nemico della democrazia.

La democrazia è basata sull’uguaglianza ed è insidiata dal privilegio
Le leggi devono essere uguali per tutti, le opportunità di crescita debbono essere uguali;
senza questo presupposto si creano oligarchie che operano fuori dall’ordinamento,
caste assolte da ogni abuso verso la società.

La democrazia è rispetto delle identità diverse
In democrazia le identità particolari o minoritarie sono ininfluenti sul diritto di stare nella società.
Nella democrazia non vi può essere quella che si definisce tolleranza, molto più semplicemente intangibile cittadinanza.

La democrazia è rivedibilità di ogni decisione
Nella democrazia la sola decisione non rivedibile è quella sulla democrazia stessa.
Non sono della vita democratica di una comunità soluzioni definitive ed irrivedibili,
non ci sono verità a priori, né a posteriori, anche se portati di decisioni maggioritarie.

La democrazia è sperimentale
Nel divenire di una società democratica si impara quotidianamente dalle esperienze
e si rivedono i percorsi.
Ogni progetto sociale, se democratico, apre interrogativi che possono rimettere
in discussione i presupposti originari e portare a diverse soluzioni.

La democrazia non è dittatura della maggioranza
Nella forma sociale democratica non c’è una ragione dei più ed un torto dei meno.
Alla maggioranza l’onere di dimostrare nel tempo la validità della decisione;
alla minoranza proporre soluzioni alternative considerate migliori.
Nessuna votazione, nessun plebiscito può chiudere la partita; il terreno per il cambiamento
deve restare aperto.

La democrazia è solidarietà, fratellanza
Democrazia è la disponibilità di chi possiede di mettere in comune con gli altri qualcosa
che gli appartiene: intelletto, capacità, risorse materiali.
Si forma la “cosa pubblica” a cui tutti senza distinzione possono attingere.

La democrazia è cura delle parole
Nel discorso democratico molta attenzione deve essere fatta per le condizioni e le forme del dialogo.
Quantità per una comunicazione paritaria; qualità affinché non vi sia corruzione e strumentalizzazione dei concetti.



(tratto da: Gustavo Zagrebelsky, Decalogo contro l’apatia politica, 2008)

domenica 1 marzo 2009

Susanna Mancini: la laicità un principio fondante dell'ordinamento italiano

La Corte Costituzionale ha affermato a più riprese che la
laicità costituisce un principio fondamentale dell’ordinamento italiano,
il quale emerge dal combinato disposto di più norme costituzionali: gli artt. 2, 3, 7, 8 e 19, e consiste nell’equidistanza e nell’imparzialità che lo stato deve mantenere per tutelare la libertà religiosa in un contesto di pluralismo religioso e culturale (Sentenze n. 203/1989; n. 259/1990; n. 13/1991; n. 195/1993; n. 421/1993; n. 334/1996; n. 329/1997; n. 508/2000; n. 327/2002.).
Nella lettura della Corte, e cioè dell’unico organo legittimato a fornire un’interpretazione dei principi costituzionali, il significato del principio di laicità è dunque inequivocabile.

Nonostante questo, però, è diventato di moda nel dibattito politico (e non solo) accreditare
una versione della laicità che è stata acutamente definita “confessionalista” (Dieni).
Non si nega cioè la vigenza del principio di laicità, né che esso costituisca un fondamento dell’ordinamento costituzionale, ma lo si interpreta alla luce della dottrina della chiesa, che costituisce ovviamente un sistema di valori esterno rispetto a quello statale, finendo con l’attribuire ad esso valenze e significati incompatibili con la nozione che ne ha elaborato la Corte Costituzionale.

Un’interpretazione che ha trovato la più paradossale delle sue espressioni nella sentenza del TAR Veneto, confermata dal Consiglio di Stato, secondo cui il crocifisso “. può essere legittimamente collocato nelle aule della scuola pubblica, in quanto non solo non contrastante ma addirittura affermativo e confermativo del principio della laicità dello Stato repubblicano” (T.A.R. Veneto, sentenza n. 1110 del 17 marzo 2005, punto 16.1).

Riecheggiando il linguaggio di Bauman, c’è chi ha suggerito lo stato “liquido” che caratterizza il principio di laicità nell’attuale dibattito politico e nelle sue applicazioni in sede legislativa e giudiziale, per cui esso cambia di significato a seconda del contenitore in cui è versato (Fiorita).

Alla "laicità confessionalista" si contrappone poi per alcuni la sua declinazione peggiorativa, il militante “laicismo” alla francese, che consisterebbe nell’atteggiamento di ostracismo a tutto campo nei confronti del fenomeno religioso.
In realtà, il principio di laicità così come è visto ed applicato in Francia non prescrive neppure la semplice indifferenza statale al fattore religioso, l’astensione dello stato e l’irrilevanza pubblicistica degli interessi religiosi.
Tale principio, correttamente interpretato, ben si concilia con una legislazione statale che regola la forma obbligatoria delle associazioni di culto, riconosce con decreto del Consiglio di Stato le congregazioni (che sono necessariamente soggette alla giurisdizione ordinaria) assicura lo svolgimento delle funzioni religiose nelle carceri e negli ospedali, e consente l’obiezione dal servizio militare in ragione delle convinzioni religiose nonché il finanziamento pubblico delle scuole confessionali.

Ben diversa la situazione nel nostro paese.
La presenza dei vertici ecclesistici in varie circostanze pubbliche, ad esempio all’apertura di un anno accademico viola il principio di laicità, perché, suggerisce un favore da parte dell’istituzione pubblica nei confronti della religione maggioritaria, ed un legame esplicito di reciproca appartenenza dello stato con la chiesa dominante.
E’ evidente, infatti, che lo stato laico dev’essere, ma anche apparire imparziale per non escludere (neppure visivamente) i gruppi e i soggetti che non appartengono alla cultura dominante, mantenendo un atteggiamento autenticamente pluralista.
A meno che, come il crocifisso nelle scuole e nei luoghi pubblici, anche il Pontefice o un Vescovo in mabito locale non venga considerato un simbolo e rappresentante delle istituzioni e della laicità dello stato (e con esso i principi della religione cattolica come principi costituzionali vigenti).

Susanna Mancini
Professore di Diritto Pubblico Comparato
Facoltà di Giurisprudenza,
Università di Bologna

(da: http://www.gennarocarotenuto.it/1746-corte-costituzionale-cos-la-laicit-un-documento-imprescindibile/)